#7 Pollice verde
In questo numero: una fioriera triste, la scena di un romanzo di Charlotte Brontë e gli alberi del cimitero di Haworth.
Altrove è la newsletter bookolica di lettureinviaggio.it. Ogni mese qui dentro condivido scintille, racconto luoghi e aggiungo piante al mio erbario letterario.
Mentre percorro le strade del mio quartiere col naso all’insù, osservo incantata le vivaci gradazioni di verde e il tripudio colorato dei balconi altrui. Anch’io vorrei dei balconi felici. Da mesi, invece, la fioriera nera di quello minuscolo affacciato a ovest se ne sta mestamente appesa alla ringhiera in piena crisi d’identità.
Ma come fanno alcune persone ad avere balconi felici 365 giorni l’anno? Usano un terriccio con i superpoteri? Considerano la dipartita delle loro piante un fatto naturale e non, come faccio io, un affronto personale? Appartengono alla categoria di chi pensa “morta una pianta se ne fa un’altra”? Non sgarrano proprio mai?
La fioriera nera non è sempre stata vuota. Nel corso del tempo ha ospitato gerani, ciclamini, eriche e mini sempreverdi, tutti morti stecchiti nel giro di poche settimane. Più acqua, meno acqua, più sole, meno sole, troppo caldo, troppo freddo? Boh! Visti i risultati deludenti ho presto rinunciato ai sogni botanici per il balcone che guarda a est, lasciato al suo destino di area di servizio.
Potrei dare la colpa al pollice verde che non ho. Sarebbe facile. Credo, però, che il fantomatico pollice verde non sia nient’altro che attenzione. La mia spesso si disperde nei rivoli del fare e in piccole cose di scarsa importanza. E le piante, che non hanno parole per esprimere i loro bisogni o protestare contro disattenzioni e ingiustizie, ne pagano le conseguenze.
È marzo, la primavera è qui e io vorrei riprovarci. Pensavo di posizionare un paio di piante attira api (e pure una casetta per gli uccelli) sul timido balconcino abituato alla quiete del cortile interno. Non è il pollice verde che devi sviluppare, ma il muscolo dell’attenzione che devi allenare, mi ripeto.
Scintille
La scintilla di questo mese è la scena di un romanzo: Il professore di Charlotte Brontë. Già immagino la prossima scarpinata1 letteraria per le vie di Bruxelles, nei luoghi menzionati da William Crimsworth, protagonista e voce narrante, il professore del titolo. Se non hai ancora letto il libro e non vuoi rovinarti la sorpresa salta tutta la parte qui sotto e vai direttamente all’erbario. Sarò comunque cauta.
Siamo a casa di Frances Evans Henri, una giovane donna che di ritorno da una visita al cimitero protestante della città si accinge a preparare il tè per sé e per il suo ospite (Crimsworth). È una domenica di agosto e fuori c’è un temporale.
Lei accende il fuoco nel camino e sistema un piccolo bollitore sulla fiamma. Poi compie altri gesti: apre una credenza, estrae un vassoio su cui poggia un servizio di porcellana antico, posa un cucchiaino d’argento su ogni piattino e appoggia delle molle d’argento sulla zuccheriera, quindi prende dalla credenza una lattiera d’argento “delle dimensioni di un uovo”. Mette dei biscotti sul tavolo e prepara il tè “al modo degli stranieri, ovvero con circa un cucchiaino per sei tazze”.
Com’è il tè? Per l’ospite, che è inglese, “un po’ meglio dell’acqua calda con zucchero e latte”, in compenso i biscotti sono “dolci al palato come la manna”. Finito il pasto Frances lava le posate, ripone le porcellane, lucida il tavolo, nutre il gatto, spazza via dal camino i rimasugli di cenere e di braci e infine si siede. La scena continua con lei e l’ospite che leggono Paradiso perduto di Milton.
Riesco a vedere e a sentire tutto. L’incessante scrosciare della pioggia (amo i temporali estivi), “il pacificante riverbero” del fuoco nel camino, in contrasto con “il buio e con il tumulto selvaggio della tempesta”, l’antico servizio da tè sul tavolo, i gesti calcolati di Frances e la destrezza dei suoi movimenti, la fiamma sotto il bollitore, l’ambiente disadorno, pulito e ordinato. Quanto me la sono gustata questa scena.

Erbario
Io ero sempre lì, sotto il sole a picco, con quel ditale pesante quanto il mondo conficcato dentro di me. Tutto ciò che amavo si era guastato. A cominciare dalle poinciane fiorite, il rosso dei petali che al tramonto sembrava incendiare la strada in cui abitavo; vedendoli, immaginavo attraversare incolume quell’inferno. E per finire con me e mia madre: un gran bello spettacolo.
— Annie John, Jamaica Kincaid (Adelphi, 2017, traduzione di Silvia Pareschi)
Il capitolo da cui è tratta la citazione si intitola Da qualche parte in Belgio. Annie, la protagonista del romanzo, ha quindici anni e sogna di andare a vivere da sola in Belgio, dopo aver scoperto che Charlotte Brontë, autrice del suo romanzo preferito, Jane Eyre, ci “aveva trascorso un anno o due”. Vuole allontanarsi dai genitori, soprattutto dalla madre.
→ Leggi l’articolo del blog dedicato a Annie John
La pianta scelta per questo erbario, una poinciana, appartiene alla famiglia delle Fabaceae (leguminose) e cercandola nel web l’ho trovata inclusa sia nel genere Caesalpinia sia nel genere Delonix.
Suppongo che le poinciane menzionate da Jamaica Kincaid fossero esemplari di Delonix regia2, alberi maestosi dalla fioritura “fiammeggiante” apprezzati per il loro valore ornamentale. Originaria del Madagascar, la specie è stata introdotta in molti paesi tropicali dove si è naturalizzata3.
La corrispondenza tra questi alberi e lo stato d’animo di Annie mi ha ricordato quella che Esperanza Cordero, protagonista di La casa di Mango Street, stabilisce con i quattro olmi davanti alla finestra della sua camera (vedi: erbario Altrove #5).

La Caesalpinia4, invece, arriva da un’area geografica che va dal Messico sud-orientale al Perù e ai Caraibi. Al genere appartengono piccoli alberi e arbusti dalla meravigliosa fioritura giallo-arancio-rossa. Il fiore della Caesalpinia pulcherrima, per esempio, è il simbolo delle Barbados5.
Annie John è ambientato ad Antigua, un’isola dei Caraibi, all’epoca del dominio britannico. Il romanzo esplora diversi temi, tra cui quello della colonizzazione e delle sue conseguenze sulla popolazione locale. La riflessione sulla storia coloniale è sempre presente nell’opera di Kincaid e nel tempo si è estesa anche alla relazione tra botanica e colonizzazione6.
Kincaid, che vive nel Vermont ed è appassionata di giardinaggio7, ha raccontato in un’intervista di come l’interesse per i nomi latini delle piante l’abbia portata a esaminare il legame tra l’atto di assegnare nomi alle cose, il loro possesso e il colonialismo.
Luoghi
Torniamo in Europa dalle sorelle Brontë. Ho da poco scoperto un canale YouTube interamente dedicato a loro. Kate, la sua creatrice, vive in Yorkshire. È simpatica, precisa e appassionata. Adoro ascoltarla. Fra i suoi video ce n’è uno dedicato agli alberi del cimitero di Haworth e più in generale al simbolismo e alle superstizioni associate alle piante in epoca vittoriana.
Nel 2019 ho visitato il Brontë Parsonage Museum, ma non ho avuto il tempo di vedere il cimitero adiacente8, dove oggi troneggiano alberi centenari, piantati a metà Ottocento per migliorare la qualità dell’aria e il drenaggio dell’acqua.
All’epoca delle sorelle Brontë il cimitero di Haworth era privo di alberi, sovraffollato e insalubre, un vero e proprio pericolo per la salute degli abitanti del luogo9. Alcuni furono piantati nel 1854 da Charlotte e dal marito, il reverendo Nicholls.
Sono delle conifere e appartengono al genere Callitris (famiglia delle Cupressaceae). Uno è caduto nel 2008 a causa di una tempesta, ma gli altri stanno ancora in piedi e sono, insieme ai romanzi, un altro importante lascito della scrittrice.
Sul blog…
Ho aggiunto un libro alla biblioteca di Letture in Viaggio: La casa di Mango Street di Sandra Cisneros.
C’è il racconto del mio tè con le sorelle Brontë. Se non l’hai letto, dai un’occhiata qui.
Dovrebbero essere passeggiate letterarie, ma le mie sono proprio delle scarpinate (quando sono sola). Cammino, cammino, cammino e vado avanti finché non ho visto, fotografato e annotato tutti i luoghi che ho pianificato di visitare.
Sulla Delonix Regia: https://www.cabidigitallibrary.org/doi/10.1079/cabicompendium.18521
In Australia e in varie isole del Pacifico si è rivelata invasiva.
Sulla Caesalpinia: https://www.inomidellepiante.org/caesalpinia.html
È anche riprodotto sulla bandiera usata da Elisabetta II durante le sue visite alle Barbados in qualità di regina dello stato, che nel 1966 ha ottenuto l’indipendenza dal Regno Unito.
Riflessioni sulla relazione tra botanica e colonizzazione emergono in Among flowers: a walk in the Himalaya (2005), da poco pubblicato in italiano da Adelphi con il titolo Passeggiata sull'Himalaya.
Ci è sepolta Tabitha Aykroyd, cuoca e governante della famiglia Brontë dal 1824 al 1855.
Immagina che il materiale in decomposizione trovi modo di fuoriuscire dalle tombe e contaminare la rete idrica, il tutto aggravato dall’acqua piovana che dalla brughiera raggiunge la città passando per il cimitero privo di un sistema di drenaggio. Un disastro!
Una puntata molto interessante! Grazie mille per aver condiviso Kate, personaggia mitica. Adesso voglio vivere anche io nello Yorkshire e avere un cappottino come il suo :)