#9 Processi
In questo numero: irrequietezza primaverile, letture del momento, un albero dai fiori gialli e un arboreto a Berlino.
Prendiamo la parola processo1. A che ti fa pensare? A me a Kafka (sono scontata, lo so). L’ho incontrata spesso nelle ultime settimane. Tutto è iniziato durante un workshop sull’interculturalità a cui ho partecipato di recente.
Tante parole sono state dette, ma quella che mi si è stampata in testa è processo. Integrarsi in un altro Paese è un processo. Il mio dura da dodici anni e due Paesi.
Da allora vedo processi dappertutto (di apprendimento, di guarigione, di crescita e chi più ne ha più ne metta). Non avevo mai considerato alcune esperienze che sto facendo come dei processi. Mi piace osservarle da questo punto di vista.
Un processo è un cammino fatto di alti e bassi. Solo che i bassi quando arrivano sembrano cancellare gli alti. Si ha così l’impressione di retrocedere. Il tribunale interiore nel frattempo giudica, emette sentenze. La giuria si sofferma su un particolare e non vede l’insieme.
Una cosa però mi è chiara: i moti retrogradi sono apparenti. La natura di un processo è quella di avanzare. I passi indietro non sono previsti, i momenti di stasi sì (a volte). Un blocco è il segnale che è ora di fare chiarezza, rialinnearsi con ciò che nel frattempo è cambiato all’interno e ricalibrare il percorso.
Scintille
Amo la primavera, ma con essa arriva sempre anche una certa dose di irrequietezza. Non riesco a star ferma, perché ehi! posso mica stare in casa? Certo che no! Ogni giorno devo far qualcosa. (Tra marzo e agosto, inoltre, la mia iperattività mentale raggiunge livelli quasi ingestibili — forse è per questo che a settembre tiro un sospiro di sollievo). Mi sono quindi ritrovata molto in questo video di Indoor Kat2 pieno di New York spring vibes.
Sto leggendo We are all birds of Uganda, il primo romanzo di Hafsa Zayyan (qui trovi un’intervista dove racconta come è nato il libro) e Ritual. How Seemingly Senseless Acts Make Life Worth Living, un saggio di Dimitris Xygalatas che esplora l’importanza e il significato dei rituali nelle società umane. Il primo l’ho trovato in biblioteca, nel secondo mi sono imbattuta qualche anno fa ascoltando il podcast Witch di India Rakusen realizzato per BBC Radio 4 (lo sto riascoltando per la quarta volta 🩵).
Erbario letterario
Una volta raggiunta la panchina, la direttrice si sedette e mi fece segno di mettermi accanto a lei, ma io mi limitai a poggiare un ginocchio sul sedile e restai in piedi, con la testa e il braccio contro il ramo frondoso di un grande avorno, i cui fiori dorati formavano, intrecciandosi con le foglie scure dei lillà, un arco misto che riempieva quell’angolo di luce e ombra.
— Il professore, Charlotte Brontë
A inizio maggio sono passata davanti a un piccolo avorno, bellissimo con i suoi fiori gialli penduli. Il Laburnum anagyroides (fam. Fabaceae) è noto anche come maggiociondolo3. Le infiorescenze, infatti, spuntano a primavera inoltrata e ciondolano dai rami.
Recentemente ne ho visto un altro. Al posto dei fiori c’erano dei baccelli verdi dalla forma appiattita. I semi al loro interno contengono citisina, un alcaloide velonoso per l’uomo e per gli animali. In realtà tutte le parti della pianta sono velenose.
Mi chiedo se Charlotte Brontë, nella scena citata, abbia scelto l’avorno per la bellezza dell’immagine (i fiori dorati che si intrecciano con le foglie scure dei lillà creando un arco) e/o perché si addice alla natura della direttrice.
La signorina Reuter dirige la scuola femminile in cui il novello professore e protagonista del romanzo, William Crimsworth, viene invitato a insegnare. Inizialmente lui è vagamente attratto da lei, ma presto capisce che è una persona da cui è meglio stare alla larga (io la definirei velenosa).
Luoghi
Lo scorso inverno, facendo ricerche per l’erbario letterario, ho scoperto che a Berlino4 c’è un arboreto. Si chiama Spät-Arboretum e dal 1961 appartiene all’istituto di biologia dell’università Humboldt5. Fu fondato nel 1879 da Franz Späth (1839-1913), giardiniere, botanico e pomologo tedesco, che proveniva da una famiglia dedita all’orticoltura sin dal 1720.
Ha una superficie di 3 ettari e mezzo e ospita circa 4000 specie legnose ed erbacee. Le piante tropicali e subtropicali crescono all’interno di una serra non aperta al pubblico. All’ingresso c’è un inseritore di monete meccanico in ghisa piuttosto vintage6, dove si infilano i soldi per entrare.
Il biglietto costa 1.50 € (ridotto 1 €), ma non c’è nessuno a rilasciartelo né a controllare. È una cifra simbolica, che però aiuta il mantenimento di questo luogo meraviglioso visitabile tra aprile e ottobre.






Sul blog…
ho dedicato un articolo a Cronorifugio di Georgi Gospodinov.
E tu, come ti senti in questo periodo? Ti aspetto nei commenti 🫶🏼
“Dal lat. processus -us, propr. «avanzamento, progresso», der. di procedĕre «procedere»” (Fonte: Treccani)
Kat fa la copywriter e vive a New York. I suoi video sono dei piccoli capolavori di creatività. Non li puoi solo ascoltare, li devi proprio guardare.
Oppure come avorniello e falso ebano. In tedesco Goldregen, in inglese golden rain tree o golden chain tree.
Berlino-Lichterfelde
Originariamente apparteneva all’Istituto di Botanica Speciale, che nel 1995 è entrato a far parte dell'Istituto di Biologia della Facoltà di Scienze Matematiche e Naturali dell’Università Humboldt.
Se sai come si chiama esattamente questo oggetto, suggeriscimelo nei commenti. Ho fatto diverse ricerche online, ma senza esito. Mi sono dimenticata di fargli una foto. Ha una manovella laterale che permette alle monete di scendere giù una volta inserite. Non saprei dire da quale epoca arrivi.
'Processo' è una parola che mi affascina molto. Che bello Caterina anche il tuo pezzo su "Cronorifugio", con tutti i riferimenti ai luoghi, che portano fuori dalle pagine la storia; è un romanzo che continuo a consigliare anch'io, a distanza di anni dalla prima lettura 🤩.